GuardieSvizzere2006@Libero.it

3 febbraio 2011

HAI TUTTA LA NOSTRA SOLIDARIETA'

Roma, aggredito in strada perché ‘antifascista’

Autore: redazione. Data: giovedì, 3 febbraio 2011

La testimonianza diretta, al nostro giornale, di un ragazzo ventiduenne. Picchiato da tre coetanei, ha subito un trauma cranico. Caro InviatoSpeciale, intendo raccontarvi un grave episodio che risale a poche ore fa. Mi chiamo Massimo Pasqualetti, sono uno studente di 22 anni dell’Università del Foro Italico, Roma; facoltà di Scienze Motorie. Studente fuori sede con altri quattro ragazzi, tutti in affitto, e studenti. La facoltà si trova accanto allo Stadio Olimpico, che divide un po’ i boschi e la natura di Montemario e le colate di cemento ed i casermoni della Farnesina. Zona rispettabile insomma, non distante dai famosi Parioli. Facoltà prestigiosa costruita dal Duce (ahimé, gli unici che pensavano alla ginnastica ed alle Scienze Motorie erano soltanto lui ed i suoi camerati) con davanti all’ingresso un imponente obelisco su cui è scritto il suo nome, molto ammirato ed acclamato nella zona di Roma Nord. Mi trovavo precisamente davanti a Ponte Milvio, a Largo Maresciallo Diaz; aspettavo il pullman per andare a studiare a casa di amici, visto che oggi (ieri, ndr) avrei avuto un esame. Erano le 20, ed ero alla pensilina con altre due signore. Siccome ero al telefono con la mia ragazza mi sono allontanato di qualche metro. In chiusura di telefonata si avvicinano tre ragazzi, a piedi, mai visti prima. Mi domandano qualcosa; io chiudo la telefonata perché non capisco bene la domanda. Penso che siano dei passanti che cercano informazioni. Ancora col telefono in mano mi ripetono, in romanesco: “Tu sei antifascista?”. “Come?”, chiedo io, spiazzato dalla domanda insolita. Uno di loro, di nuovo: “Ma tu sei antifascista?”. A quel punto io, con la massima tranquillità, rispondo: “Beh, sì”. Non l’avessi mai detto. Non finisco di dire “sì” che iniziano a colpirmi con i pugni in pieno volto e in testa. Cado a terra e ai pugni si aggiungono i calci. Il tutto dura pochi secondi, poi i tre fuggono. Io resto in terra ancora stupito e tramortito per l’accaduto. Quando tento di rialzarmi per vedere le facce che avevano i tre aggressori, le due signore che stavano alla pensilina corrono verso di me e mi urlano di non muovermi: in terra si è velocemente formata una copiosa pozza di sangue. Uno di quei pugni deve anche aver rotto il telefonino perché è a terra in mille pezzi, tanto che devo richiamare la mia ragazza dal telefono di una delle signore (nel frattempo l’altra aveva già chiamato l’ambulanza). L’unico numero che ricordo è il suo e comunque è lei l’unica che mi può avvisare i miei coinquilini (abitiamo nelle vicinanza). Nel frattempo si ferma anche un bus a vedere cosa sta accadendo. Le signore sono rimaste a fornirmi acqua e fazzoletti mentre accorrevano gli amici. Un’altra chiamata all’ambulanza che non arriva, gli occhiali accartocciati, il sangue per terra e sulla pensilina. Saranno passati venti minuti. Proprio gli amici mi conducono al piazzale di Ponte Milvio, dove erano presenti polizia e vigili, giunti sul posto per un incidente stradale. Gli spiego l’accaduto, chiamano ancora un’ambulanza che però non arriva. Nel frattempo solo mal di testa ed una rabbia incredibile. Sono fuori di me: sono stato pestato alle otto di sera in una strada di Roma per aver semplicemente detto di essere antifascista. Io, che tra l’altro non ho mai preso parte a nessuna fazione politica (diciamo che non tendo a destra) e che, vestito con anfibi e una giacca di pelle nera, avrei potuto semmai somigliare a “uno di loro”. Forse la mia kefiah bianca e azzurra, forse i miei orecchini, i miei capelli con la cresta… non so cosa abbia portato quei tre ragazzi della mia stessa età a compiere un gesto simile, a fare tutta quella strada a piedi per seguirmi, aggredirmi e poi scappare vigliaccamente. La politica? Non so. Le uniche parole che hanno pronunciato sono quelle descritte. Quei ragazzi non avevano alcun “segno particolare”: ragazzi normali, come tanti, di quelli che nemmeno ti giri per guardarli in strada tanto sono anonimi. Ma erano tre, io uno, e avevo anche le mani in tasca e sul telefonino. Non dico che avrei reagito, ma almeno sarei scappato! Invece ero all’angolo interno della pensilina e le ho prese di santa ragione. Le mani le ho tirate fuori dalle tasche che ero già a terra e loro erano già lontani. Avevo caldo in testa, infatti oltre che sangue dal naso e dal labbro lo perdevo anche dalla testa. Rialzandomi e riprendendo gli occhiali ho notato anche due pezzi di metallo pieni di sangue. Mi avevano colpito ripetutamente sul cuoio capelluto con quei pezzetti. Una volta in ospedale (alla fine mi sono fatto accompagnare da un passante che ho fermato, visto che l’ambulanza in cinquanta minuti non era ancora arrivata) mi hanno medicato le ferite e fatto una radiografia per vedere se c’era qualche frattura al naso, ma per fortuna nulla. Il referto dice “trauma cranico non commotivo e facciale contusivo. Ed escoriazioni al cuoio capelluto”. Le escoriazioni sono dei veri e propri buchi, fatti con quei pezzi di ferro usati come punteruoli. Alla fine mi resta solo tanto stupore, e perché no, anche paura: in fondo mi è andata bene, mi sono alzato da solo e ho potuto raccontato l’episodio con una certa tranquillità.

Link alla pagina ufficiale

1 commento:

Manuel ha detto...

Il carnevale in Italia potrebbe essere non solo divertente per i cittadini ma se ben propagandato come a Rio può diventare un buon business turistico nel momento di bassa stagione.